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Categoria: Bilancio e gestione finanziaria degli enti locali (giurisprudenza)
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Deliberazione n. 317/2019/PAR/Fonte (TV)

 

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER IL VENETO

nell’adunanza del 22 ottobre 2019 composta dai magistrati:

Salvatore PILATO Presidente

Elena BRANDOLINI Consigliere

Maria Laura PRISLEI Consigliere

Amedeo BIANCHI Consigliere

Maristella FILOMENA Referendario

Marco SCOGNAMIGLIO Referendario relatore

*****

VISTO l’art. 100, secondo comma, della Costituzione;

VISTO il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

VISTA la Legge 14 gennaio 1994, n. 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti;

VISTO il Regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti modificato da ultimo con deliberazione del Consiglio di Presidenza n. 229 del 19 giugno 2008 con il quale è stata istituita in ogni Regione ad autonomia ordinaria la Sezione regionale di controllo, deliberato dalle Sezioni Riunite in data 16 giugno 2000;

VISTA la Legge 5 giugno 2003, n. 131 recante “Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla Legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3”, ed in particolare, l’art. 7, comma 8;

VISTI gli indirizzi e criteri generali per l'esercizio dell'attività consultiva approvati dalla Sezione delle Autonomie nell'adunanza del 27 aprile 2004, come modificati e integrati dalla delibera n. 9/SEZAUT/2009/INPR del 3 luglio 2009 e, da ultimo dalla deliberazione delle Sezioni Riunite in sede di controllo n. 54/CONTR del 17 novembre 2010;

VISTA la richiesta di parere inoltrata dal Sindaco del Comune di Fonte prot. n. 9665 del

25/07/2019, acquisita al prot. C.d.c. n. 8142 del 25/07/2019;

VISTA l’ordinanza del Presidente n. 48/2019 di convocazione della Sezione per l’odierna seduta;

UDITO il Magistrato relatore, Referendario Marco Scognamiglio.

FATTO

Il Sindaco del Comune di Fonte (TV) ha posto a questa Sezione un quesito riguardante la corretta interpretazione delle norme che disciplinano la copertura finanziaria del servizio di trasposto scolastico. Posto che i viaggiatori sono individuabili sulla base di un rapporto preesistente che li lega al soggetto che predispone ed organizza il servizio, è chiesto di statuire se il trasporto scolastico dovrebbe conseguentemente configurarsi quale servizio a domanda individuale, da cui secondo il richiedente discenderebbe la possibilità per il Comune di farsi carico del costo sottostante.

DIRITTO

I. Preliminare all'esame del merito del quesito, è la verifica della sua ammissibilità sotto i profili oggettivo e soggettivo. Premesso che l’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003, n. 131, che costituisce il fondamento normativo della funzione consultiva intestata alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, attribuisce alle Regioni e (tramite il Consiglio delle autonomie locali se istituito) ai Comuni, Province e Città metropolitane la facoltà di richiedere alla Corte dei conti pareri in materia di contabilità pubblica, vanno richiamati gli indirizzi e criteri generali per l'esercizio della suddetta attività, consultiva approvati dalla Sezione delle Autonomie nell'adunanza del 27 aprile 2004, come modificati e integrati dalla deliberazione n. 9/SEZAUT/2009/INPR e dalla deliberazione delle Sezioni Riunite in sede di controllo n. 54/CONTR/2010, con i quali la Corte dei conti ha stabilito che, ai fini dell’ammissibilità della richiesta formulata, devono sussistere contestualmente le seguenti condizioni:

- dal punto di vista soggettivo, la richiesta deve essere formulata dall’organo politico di vertice e rappresentante legale degli enti legittimati

- dal punto di vista oggettivo, il quesito deve rientrare esclusivamente nella materia della contabilità pubblica, che può assumere un “ambito limitato alla normativa e ai relativi atti applicativi che disciplinano, in generale, l’attività finanziaria che precede o che segue i distinti interventi di settore, ricomprendendo in particolare la disciplina dei bilanci e i relativi equilibri, l’acquisizione delle entrate, l’organizzazione finanziario-contabile, la disciplina del patrimonio, la gestione delle spese, l’indebitamento, la rendicontazione e i relativi controlli” (Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 5/AUT/2006) e non può ampliarsi a tal punto da ricomprendere “qualsivoglia attività degli enti che abbia, comunque, riflessi di natura finanziaria, comportando, direttamente o indirettamente, una spesa, con susseguente fase contabile attinente all’amministrazione della stessa ed alle connesse scritture di bilancio” (54/CONTR/2010 cit.). L’ausilio consultivo, inoltre, non può costituire un’interferenza con le funzioni requirenti e giurisdizionali di questa Corte ovvero di altri organi giurisdizionali e deve essere preventivo rispetto all’esecuzione da parte dell’ente di atti e/o attività connessi alla/e questione/i oggetto di richiesta di parere. Non è, quindi, ammissibile l'esercizio ex post della funzione consultiva.

I.1. Quanto al profilo soggettivo, la richiesta di parere del Sindaco di Fossalta di Piavedeve ritenersi ammissibile, in quanto sottoscritta dal Sindaco dell’Ente, organo politico e di vertice, rappresentante legale del medesimo. Si precisa, a tal proposito, che la stessa è stata trasmessa direttamente dall’Ente richiedente e non già per il tramite del Consiglio delle autonomie locali, organo previsto dal vigente art. 123 della Costituzione. Ciò, comunque, non inficia l’ammissibilità della richiesta atteso che la formulazione dell’art. 7, comma 8, della legge 5 giugno 2003 n. 131 non preclude un rapporto diretto tra le amministrazioni e le Sezioni Regionali di controllo della Corte dei conti.

I.2. Quanto al profilo oggettivo, va evidenziato che la richiesta deve essere giustificata daun interesse dell’ente alla soluzione di una questione giuridica incerta e controversa, a carattere generale e astratto. Ne discende che i casi non devono essere riferiti a fattispecie concrete, al fine di evitare da un lato l’ingerenza della Corte nelle scelte gestionali da operare (amministrazione attiva) e dall’altro di evitare una funzione consulenziale generale sull'attività dell'Amministrazione locale, cui spetta procedere alla adeguata valutazione ponderata di tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti e adottare le conseguenti scelte decisionali. Secondo un principio ampiamente consolidato, infatti, la funzione consultiva non può risolversi in una surrettizia forma di co-amministrazione o di cogestione, incompatibile con la posizione di neutralità e di terzietà della magistratura contabile.

Ne consegue che il parere viene reso unicamente avuto riguardo esclusivo alle questioni di natura generale ed astratta, e non può essere interpretato quale intervento atto a validare eventuali determinazioni in itinere, ovvero già assunte o atti già adottati ex post.

Del pari, non potranno ritenersi ammissibili richieste di parere per la cui soluzione "non si rinvengono quei caratteri - se non di esclusività - di specializzazione funzionale che caratterizzano la Corte in questa sede, e che giustificano la peculiare attribuzione da parte del legislatore" (Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 3/SEZAUT/2014/QMIG), né istanze che, per come formulate, si sostanzino in una richiesta di consulenza di portata generale in merito a tutti gli ambiti dell'azione amministrativa.

Tutto ciò premesso in ordine ai requisiti di ammissibilità in senso oggettivo, la Sezione ritiene che il quesito posto dal Sindaco del Comune di Fonte sia ammissibile, in quanto concerne l’interpretazione della normativa sulla copertura della spesa del servizio di trasporto scolastico, in relazione all’entità delle quote di partecipazione finanziaria a carico dell’utenza, e rientra pertanto pienamente nell’ambito sopra definito

II. Nel merito, va preliminarmente inquadrata la nozione di “servizio a domanda individuale”, evocata dal Sindaco richiedente, e la sua rilevanza ai fini di risposta al quesito.

Per servizi pubblici a domanda individuale devono intendersi tutte quelle attività gestite direttamente dall'ente, che siano attuate non per obbligo istituzionale, che vengano utilizzate a richiesta dell'utente e che non siano state dichiarate gratuite per legge nazionale o regionale, in virtù della definizione fornitane dal decreto ministeriale 31 dicembre 1983, emanato dal Ministero dell'Interno di concerto con i Ministeri del Tesoro e delle Finanze, ai sensi e per gli effetti dell'art. 6, decreto-legge 28 febbraio 1983, n. 55, convertito, con modificazioni, nella legge 26 aprile 1983, n. 131, che autorizzava i predetti Ministeri ad emanare entro il 31 dicembre 1983 un decreto che individuasse esattamente la categoria dei servizi pubblici a domanda individuale. Cosicché il decreto in esame, oltre a fornire la definizione di cui sopra, individua e categorie dei servizi pubblici a domanda individuale inserendoli in apposito elenco, che contiene:

- alberghi, esclusi i dormitori pubblici; case di riposo e di ricovero;

- alberghi diurni e bagni pubblici;

- asili nido;

- convitti, campeggi, case per vacanze, ostelli;

- colonie e soggiorni stagionali, stabilimenti termali;

- corsi extra scolastici d'insegnamento di arti e sport e altre discipline, fatta eccezione per quelli espressamente previsti dalla legge;

- giardini zoologici e botanici;

- impianti sportivi: piscine, campi da tennis, di pattinaggio, impianti di risalita e simili;

- mattatoi pubblici;

- mense, comprese quelle ad uso scolastico;

- mercati e fiere attrezzati;

- parcheggi custoditi e parchimetri;

- pesa pubblica;

- servizi turistici diversi: stabilimenti balneari, approdi turistici e simili;

- spurgo di pozzi neri;

- teatri, musei, pinacoteche, gallerie, mostre e spettacoli;

- trasporti di carni macellate;

- trasporti funebri, pompe funebri;

- uso di locali adibiti stabilmente ed esclusivamente a riunioni non istituzionali: auditorium, palazzi dei congressi e simili;

- collegamenti alle centrali operative della polizia locale degli impianti di allarme collocati presso abitazioni private o attività produttive o servizi.

II.1.     La        qualificazione  di         servizio           pubblico          a          domanda         individuale            implica            la predeterminazione  della    misura  percentuale     della    quota   dei       costi            complessivi     da finanziarsi da tariffe o contribuzioni, in forza dell’art. 6 del d.l. 55/1983 sopra richiamato, il quale stabilisce che:

«1. Le province, i comuni, i loro consorzi e le comunità montane sono tenuti a definire, non oltre la data della deliberazione del bilancio, la misura percentuale dei costi complessivi di tutti i servizi pubblici a domanda individuale […] che viene finanziata da tariffe o contribuzioni ed entrate specificamente destinate. 2. Con lo stesso atto vengono determinate le tariffe e le contribuzioni».

In generale e per tutti servizi pubblici, ancorché non definibili “a domanda individuale”, rileva la disciplina di cui l’art. 117 TUEL, in base alla quale:

«1. Gli enti interessati approvano le tariffe dei servizi pubblici in misura tale da assicurare l'equilibrio economico-finanziario dell'investimento e della connessa gestione. I criteri per il calcolo della tariffa relativa ai servizi stessi sono i seguenti: a) la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico-finanziario; b) l'equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito; c) l'entità dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio; d) l'adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato.

  1. La tariffa costituisce il corrispettivo dei servizi pubblici; essa è determinata e adeguataogni anno dai soggetti proprietari, attraverso contratti di programma di durata poliennale, nel rispetto del disciplinare e dello statuto conseguenti ai modelli organizzativi prescelti.
  2. Qualora i servizi siano gestiti da soggetti diversi dall'ente pubblico per effetto diparticolari convenzioni e concessioni dell'ente o per effetto del modello organizzativo di società mista, la tariffa è riscossa dal soggetto che gestisce i servizi pubblici».

Pertanto, fermo restando che l’erogazione del servizio pubblico deve avvenire in equilibrio economico-finanziario ai sensi dell’art. 117 TUEL (il principio dell’equilibrio ex ante tra costi e risorse a copertura applicabile indistintamente tutti i servizi pubblici erogati dall’ente locale, a prescindere dalla forma contrattuale di affidamento del servizio, è stato affermato anche dalla giurisprudenza amministrativa: cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, sentenza 3 maggio 2012 n. 2537) l’erogazione dello stesso, qualora qualificato come “a domanda individuale”, non può essere gratuita per gli utenti, e la sua copertura deve avvenire, almeno in parte, mediante i corrispettivi versati dai richiedenti il servizio.

Appaiono allora fuorvianti i termini in cui il Sindaco di Fonte prospetta la questione, nella parte in cui si sembra assumere che la qualificazione del servizio a domanda individuale ne implicherebbe la possibile gratuità, laddove invece, come appena visto, tale premessa non rappresenta requisito necessario né sufficiente.

Al fine di rispondere in maniera appropriata al quesito, occorre individuare la normativa contabile e finanziaria applicabile al servizio di trasporto scolastico comunale.

III. Della natura del servizio di trasporto scolastico comunale si sono occupate di recente in più occasioni le Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, ritenendo che esso sia escluso dalla disciplina normativa dei servizi pubblici a domanda individuale (cfr. Sezione di controllo per Campania, deliberazione n. 222/2017/PAR, Sezione di controllo per la Sicilia, deliberazione n. 178/2018/PAR, Sezione regionale di controllo per il Piemonte, deliberazione n. 49/2019/PAR, Sezione regionale di controllo per la Puglia, deliberazione n. 76/2019/PAR).

A fronte di tale univocità di orientamenti, differenti appaiono tuttavia le conseguenze che le diverse Sezioni individuano in ordine alla copertura del servizio a mezzo di contributi da parte dell’utenza.

In tale contesto appare decisiva la corretta interpretazione da dare all’art. 5 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 63, che così recita:

1. Nella programmazione dei servizi di trasporto e delle forme di agevolazione della mobilità, per le alunne e gli alunni, le studentesse e gli studenti sono incentivate le forme di mobilità sostenibile in coerenza con quanto previsto dall'articolo 5 della legge 28 dicembre 2015, n. 221.

2. Le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, assicurano il trasporto delle alunne e degli alunni delle scuole primarie statali per consentire loro il raggiungimento della più vicina sede di erogazione del servizio scolastico. Il servizio è assicurato su istanza di parte e dietro pagamento di una quota di partecipazione diretta, senza nuovi o maggiori oneri per gli enti territoriali interessati.

3.Tale servizio è assicurato nei limiti dell'organico disponibile e senza nuovi o maggiori oneri per gli enti pubblici interessati.”

In particolare, assumono rilievo le conseguenze da attribuirsi alla clausola di invarianza finanziaria, contenuta al secondo comma, unitamente alla previsione di pagamento di una quota di partecipazione diretta (“Il servizio è assicurato su istanza di parte e dietro pagamento di una quota di partecipazione diretta, senza nuovi o maggiori oneri per gli enti territoriali interessati”).

La Sezione regionale di controllo per la Campania, con deliberazione n. 222/2017/PAR, operata una ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale, individua una eccezione legislativamente prevista al concetto normativamente determinato di “servizio pubblico a domanda individuale”, nel novero dei servizi elencati all'art. 3 del decreto legge 22 dicembre 1981, n. 786, vale a dire: i servizi gratuiti per legge, i servizi finalizzati all'inserimento sociale dei portatori di handicaps, quelli per i quali le vigenti norme prevedono la corresponsione di tasse, di diritti o di prezzi amministrati ed i servizi di trasporto pubblico, questi ultimi definiti dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422, in base al quale: «Sono servizi pubblici di trasporto regionale e locale i servizi di trasporto di persone e merci, che non rientrano tra quelli di interesse nazionale tassativamente individuati dall'articolo 3; essi comprendono l'insieme dei sistemi di mobilità terrestri, marittimi, lagunari, lacuali, fluviali e aerei che operano in modo continuativo o periodico con itinerari, orari, frequenze e tariffe prestabilite, ad accesso generalizzato, nell'ambito di un territorio di dimensione normalmente regionale o infraregionale».

Pertanto, ritenendo che il servizio di trasporto scolastico sia pleno iure un servizio pubblico di trasporto, ed in quanto tale escluso dalla disciplina normativa dei servizi pubblici a domanda individuale, la pronuncia, dopo aver richiamato la necessità della stretta osservanza in ogni caso del principio dell’equilibrio tra costi e risorse a copertura, di cui al citato art. 117 TUEL, statuisce che “nell’erogazione del servizio, gli enti dovranno motivare, a pena di illegittimità, l’eventuale gratuità del servizio in funzione di un interesse pubblico, tanto più se il servizio assume carattere generalizzato” rispondendo positivamente all'interrogativo, posto dal Comune richiedente nella fattispecie, “se il servizio di trasporto scolastico possa essere erogato in modo gratuito a tutti gli utenti che ne facciano richiesta”.

La Sezione campana, tuttavia, nella pronuncia in esame, pur operando un’ampia ricostruzione della normativa in materia, non analizza esplicitamente l’impatto su tale impianto avuto dal sopracitato art. 5 co. 2 del d.lgs. 63/2017.

La Sezione regionale di controllo per la Sicilia, con deliberazione n. 178/2018/PAR, ha ritenuto da parte sua che la disposizione introdotta dal suddetto art. 5 co. 2 non abbia inciso sull’interpretazione già fornita in materia con la propria precedente deliberazione n. 115/2015/PAR; di conseguenza, non potrebbero reputarsi immediatamente applicabili al servizio di trasporto scolastico i vincoli normativi e finanziari che caratterizzano i servizi pubblici a domanda individuale, espressamente individuati dal D.M. n. 131/1983, per la semplice ragione che esso non menziona il servizio di trasporto scolastico.

La pronuncia, pertanto, pur affermando che l’espressa previsione normativa della corresponsione di una quota di partecipazione non consente l’erogazione gratuita del servizio, risponde positivamente al quesito posto in quella sede dal Comune interessato, circa la possibilità di “non richiedere la contribuzione degli utenti, oppure di alcune categorie di utenti”, la quale comunque “andrebbe debitamente motivata e dovrebbe avere a fondamento una adeguata copertura finanziaria”.

Pur con accenti parzialmente diversi, le due deliberazioni citate appaiono dunque convenire su due punti:

  1. che, in linea generale, il servizio di trasporto scolastico va finanziato mediante pagamento di una quota di partecipazione diretta, in ossequio alla espressa previsione normativa di cui al d.lgs. 63/2017 e nel rispetto del principio dell’equilibrio economico di cui all’art. 117 TUEL;
  2. che tuttavia, nel rispetto dei principi di cui sopra, non è esclusa la possibilità di non richiedere la contribuzione di alcune categorie di utenti, in presenza di un rilevante interesse pubblico, debitamente motivato, in quanto i richiamati vincoli normativi non vietano la possibilità di graduare l’entità dei versamenti dovuti dall’utenza.

Le due pronunce tuttavia sembrano differenziarsi quando si tratta di affermare la possibilità di erogazione gratuita alla generalità degli utenti del servizio, come si evince leggendo i rispettivi deliberati in relazione al quesito posto nelle differenti fattispecie.

Così la Sezione campana, alla domanda "se il servizio di trasporto scolastico possa essere erogato in modo gratuito a tutti gli utenti che ne facciano richiesta" (sottolineatura aggiunta) risponde che "gli enti dovranno motivare, a pena di illegittimità, l’eventuale gratuità del servizio in funzione di un interesse pubblico, tanto più se il servizio assume carattere generalizzato" rispondendo sostanzialmente in maniera affermativa al quesito, pur subordinando tale risposta affermativa alla necessità di esplicitare la motivazione in relazione ad un interesse pubblico.

La Sezione siciliana, alla domanda "se il Comune, nell’ambito delle risorse disponibili e dell’equilibrio di bilancio, può non richiedere la contribuzione degli utenti, oppure di alcune categorie di utenti" risponde con formulazione che sembrerebbe invece escludere la possibilità di gratuità generalizzata, statuendo che "la disposizione non consente l’erogazione gratuita del servizio de quo, che andrebbe debitamente motivata e dovrebbe avere a fondamento una adeguata copertura finanziaria, ma che va comunque ricondotta nei limiti fissati dai parametri normativi sopra riportati, alla luce della espressa previsione normativa della corresponsione di una quota di partecipazione diretta, che dunque presuppone un versamento, anche graduato, da parte degli utenti" (sottolineatura aggiunta).

A conclusioni più radicalmente differenti sembra pervenire la Sezione regionale di controllo per il Piemonte, con deliberazione n. 46/2019/PAR, che chiamata a stabilire se le quote di partecipazione finanziaria correlate al servizio debbano completamente concorrere alla copertura integrale della spesa del medesimo, ha interpretato le richiamate norme nel senso di dare risposta affermativa al quesito.

Valorizzando in particolare il principio di equilibrio economico-finanziario, la Sezione piemontese ha ritenuto occorra concludersi che “ferme restando le scelte gestionali e l'individuazione dei criteri di finanziamento demandate alla competenza dell'ente locale, il quadro normativo sopra delineato non consenta l'erogazione gratuita del servizio di trasporto pubblico scolastico, servizio che deve avere a fondamento una adeguata copertura finanziaria necessariamente riconducibile nei limiti fissati dai parametri normativi del Tuel, alla luce della espressa previsione normativa della corresponsione della quota di partecipazione diretta da parte degli utenti, quota la quale, nel rispetto del rapporto di corrispondenza tra costi e ricavi, non può non essere finalizzata ad assicurare l’integrale copertura dei costi del servizio

La Sezione regionale di controllo per la Puglia, pur richiamando le argomentazioni svolte nella sopracitata deliberazione n. 46/SRCPIE/2019/PAR, conclude però differentemente osservando “che nell’obbligatorio rispetto dell’economicità del servizio, presupposto essenziale per consentire l’effettività e la continuità della sua erogazione, tra le risorse volte ad assicurare l’integrale copertura dei costi possono essere ricomprese le contribuzioni regionali e quelle autonomamente destinate dall’ente nella propria autonomia finanziaria purché reperite nel rispetto della clausola d’invarianza finanziaria espressa nel divieto dei nuovi e maggiori oneri (v. C.d.c., Sezione controllo Campania, parere n. 102 del 28 maggio 2019), con corrispondente minor aggravio a carico all’utenza”.

Quest’ultimo parere non esclude dunque che la copertura del servizio possa avvenire anche a mezzo dell’utilizzo di altre risorse, con ciò garantendo un minore aggravio a carico dell’utenza, formula quest’ultima che sembra doversi interpretare nel senso di avere facoltà di esonerare dalla contribuzione gli utenti o alcune categorie di utenti. La deliberazione appare pertanto conforme in questo senso alle precedenti citate pronunce delle Sezioni campana e siciliana, nella misura in cui ammette la possibilità di non richiedere la contribuzione a determinate categorie di utenti. Tuttavia, posto che in quest’ultima fattispecie il quesito rivolto alla Sezione chiedeva "se il costo del servizio debba essere integralmente coperto dall'utenza", non sembra possibile ricavare un indirizzo in merito alla seconda questione, e cioè se la gratuità possa essere estesa alla generalità degli utenti.

IV. Posto che, come sopra evidenziato, assumono rilievo le conseguenze da attribuirsi alla menzionata clausola di invarianza finanziaria, unitamente alla previsione di pagamento di una quota di partecipazione diretta, di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 63/2017, il Collegio ritiene necessario analizzare, prima di tutto, il contesto ordinamentale entro cui si inserisce il citato decreto.

Esso reca la disciplina in materia di «Effettività del diritto allo studio attraverso la definizione delle prestazioni, in relazione ai servizi alla persona, con particolare riferimento alle condizioni di disagio e ai servizi strumentali, nonché potenziamento della carta dello studente, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera f), della legge 13 luglio 2015, n. 107», nell’ambito dunque delle riforme di settore finalizzate, a mente di quanto enunciato dall’art. 1 della legge delega n. 107/2015, ad “innalzare i livelli di istruzione e le competenze delle studentesse e degli studenti per contrastare anche le diseguaglianze socio-culturali e territoriali, per prevenire e recuperare l'abbandono e la dispersione scolastica, in coerenza con il profilo educativo, culturale e professionale dei diversi gradi di istruzione, per garantire il diritto allo studio, le pari opportunità di successo formativo e di istruzione permanente dei cittadini”.

Si deve allora in questa sede richiamare in particolare, tra i criteri direttivi contenuti nella delega di cui ai commi 180 e 181 della citata legge delega, la “garanzia dell'effettività del diritto allo studio su tutto il territorio nazionale, nel rispetto delle competenze delle regioni in tale materia, attraverso la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni, sia in relazione ai servizi alla persona, con particolare riferimento alle condizioni di disagio, sia in relazione ai servizi strumentali”.

Tanto premesso, ritiene il Collegio che non possa prescindersi da una interpretazione costituzionalmente orientata della normativa in esame, stante la possibile ricaduta che una differente lettura potrebbe avere in termini di impatto su particolari categorie di utenti in condizioni di svantaggio, in relazione all’obbligo scolastico che, come noto, trova un referente costituzionale all’art. 34 della Costituzione, in base al quale il diritto di frequentare la scuola e quindi di formarsi deve risultare accessibile a tutti, anche ai meno abbienti («L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso»). Non sarà poi inutile ricordare che l’art. 3 Cost. pone a carico della Repubblica l’onere di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.

Alla luce di tale contesto vanno quindi analizzati il decreto in esame ed in particolare l’art. 5. Detto articolo, rubricato genericamente “Servizi di trasporto e forme di agevolazione della mobilità”, disciplina, nello specifico, il servizio di trasporto scolastico per le cosiddette “fasce protette”, in ragione della giovane età, di studenti. Infatti, esso stabilisce espressamente che il servizio di trasporto scolastico deve essere assicurato alle “alunne” e agli “alunni” delle “scuole primarie statali” (quindi ad una utenza circoscritta in maniera puntuale, individuata negli studenti della cosiddetta “scuola dell’obbligo”) al fine di “consentire loro il raggiungimento della più vicina sede di erogazione del servizio scolastico” e, quindi, allo scopo di garantire effettivamente agli stessi il diritto allo studio.

Tale diritto, in assenza del servizio, potrebbe risultare compromesso dalle difficoltà insite nel raggiungimento della sede scolastica da parte degli alunni e delle alunne che, in quanto minori, necessitino di essere accompagnati.

Alla luce di tali considerazioni, la clausola di invarianza finanziaria, associata alla previsione di pagamento di una quota di partecipazione diretta, non può, con interpretazione costituzionalmente orientata, e tenuto conto degli obiettivi dichiarati dalla legge delega e dell’impianto ordinamentale entro cui la disposizione si inserisce, essere intesa nel senso di vietare in ogni caso l’attivazione di forme di sostegno in relazione a quel particolare tipo di utenza come sopra individuato.

V. A seguito degli orientamenti non univoci sopra richiamati, manifestati dalle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) ha posto al Presidente della Corte dei conti una richiesta di parere, ai sensi del richiamato art. 7, comma 8, della legge 131/2003, in merito alla corretta interpretazione degli articoli 2, 3 e 5 del d.lgs. n. 63/2017, relativamente alle modalità di copertura finanziaria dei costi del servizio di trasporto pubblico scolastico. La questione è stata deferita dal Presidente della Corte dei conti alla Sezione delle autonomie, che si è conseguentemente pronunciata con deliberazione n. 25/SEZAUT/2019/QMIG del 19 ottobre scorso.

Con questa recentissima pronuncia, operata una compiuta ricostruzione di tutta la normativa regolante la fattispecie in esame, La Sezione delle Autonomie ha affermato, innanzitutto, che “osta alla qualificazione del servizio di trasporto scolastico come “servizio pubblico a domanda individuale” la circostanza che la sua erogazione è doverosa per legge”, valorizzando, in particolare, il contesto normativo e costituzionale entro cui si colloca il d.lgs. 63/2017, come qui sinteticamente richiamato al par. IV.

Secondo l’insegnamento della Sezione delle Autonomie, infatti: “l’unica qualificazione del servizio di che trattasi rispettosa del dettato normativo che ne disciplina l’erogazione, porta a ricondurre il trasporto scolastico ad un servizio pubblico essenziale a garanzia del primario diritto allo studio la cui mancata fruizione può, di fatto, inibire allo studente il raggiungimento della sede scolastica, con conseguente illegittima compressione del diritto costituzionalmente garantito.”;

La qualificazione di servizio pubblico essenziale, secondo l’autorevole interpretazione in esame, discende dunque dalla constatazione che “il servizio di che trattasi, per le sue peculiari caratteristiche, assolve alle funzioni di servizio pubblico essenziale posto a garanzia del diritto allo studio, diritto contemplato e garantito dalla Carta Costituzionale, la cui erogazione, nella ricorrenza dei presupposti di legge, deve essere assicurata da tutti i soggetti costituenti la Repubblica Italiana (art. 114 Cost.) sulla base del principio di sussidiarietà verticale, in conformità al quale l’erogazione del servizio spetta all’Ente Locale, in quanto soggetto più prossimo al cittadino.”.

In merito alla corretta interpretazione della clausola d’invarianza finanziaria, la Sezione delle Autonomie ha correttamente rilevato “che, a livello generale e sia pure in occasione di altre e diverse problematiche interpretative, la clausola di invarianza finanziaria è stata intesa dalla magistratura contabile, nel senso che l’amministrazione deve provvedere attingendo alle “ordinarie” risorse finanziarie, umane e materiali di cui può disporre a legislazione vigente.”; l’invarianza finanziaria non preclude dunque la spesa nuova solo perché non precedentemente sostenuta, né la maggior spesa di importo superiore alla precedente previsione, quanto piuttosto la decisione di spesa che comporti “oneri” nuovi e maggiori se aggiuntivi ed esondanti rispetto alle risorse ordinarie che a legislazione vigente garantiscono l’equilibrio di bilancio.

Posto poi che la disposizione di cui all’art. 5 del d.lgs. 63/2017 di per sé non esclude né la possibile erogazione a titolo gratuito del servizio, né la possibile graduazione della contribuzione delle famiglie, il punto di equilibrio tra i due valori costituzionalmente tutelati dell’equilibrio di bilancio e del diritto allo studio, secondo la pronuncia in esame, “non può prescindere da una lettura delle disposizioni di cui all’art. 117 del TUEL e del comma 2 dell’art. 5 del d.lgs. n. 63/2017 che consenta agli enti, nell’ambito della propria autonomia finanziaria e nel rispetto degli equilibri di bilancio, di dare copertura finanziaria al servizio con risorse proprie e, di conseguenza, da un lato, di erogare gratuitamente il servizio nei confronti delle categorie di utenti più deboli e/o disagiati, laddove sussista un rilevante e preminente interesse pubblico, e, dall’altro, di definire un piano diversificato di contribuzione delle famiglie beneficiarie del servizio”

VI. Per tutto quanto sopra esposto, il Collegio non rinviene ragioni per discostarsi dall’orientamento assunto dalla citata deliberazione n. 25/SEZAUT/2019/QMIG, la quale ha enunciato il seguente principio di diritto:

«Gli enti locali, nell’ambito della propria autonomia finanziaria, nel rispetto degli equilibri di bilancio, quali declinati dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019) e della clausola d’invarianza finanziaria, possono dare copertura finanziaria al servizio di trasporto scolastico anche con risorse proprie, con corrispondente minor aggravio a carico all’utenza.

Fermo restando i principi di cui sopra, laddove l’Ente ne ravvisi la necessità motivata dalla sussistenza di un rilevante e preminente interesse pubblico oppure il servizio debba essere erogato nei confronti di categorie di utenti particolarmente deboli e/o disagiati, la quota di partecipazione diretta dovuta dai soggetti beneficiari per la fruizione del servizio può anche essere inferiore ai costi sostenuti dall’Ente per l’erogazione dello stesso, o nulla o di modica entità, purché individuata attraverso meccanismi, previamente definiti, di gradazione della contribuzione degli utenti in conseguenza delle diverse situazioni economiche in cui gli stessi versano».

Pertanto, in risposta al quesito del Sindaco del Comune di Fonte, il Collegio, ferme restando le scelte gestionali e l'individuazione dei criteri di finanziamento demandate alla competenza dell'Ente, statuisce che la necessità di erogare il servizio erogato nei confronti di categorie di utenti particolarmente deboli, o comunque l’individuazione di un rilevante e preminente interesse pubblico, consentono all’Ente di agevolare l’utenza del servizio di trasporto scolastico, prevedendo la riduzione della quota di compartecipazione o anche il totale esonero dalla stessa, purché il tutto avvenga a due condizioni:317/2

  1. che la riduzione o esenzione abbia luogo in virtù della individuazione di meccanismi trasparenti e debitamente motivati di graduazione della contribuzione degli utenti;
  2. che non sia messo a rischio l’equilibrio complessivo del bilancio dell’Ente. P.Q.M.

La Sezione regionale di controllo per il Veneto rende il parere nei termini sopra espressi.

Copia della presente delibera sarà trasmessa, a cura del Direttore della Segreteria, al Sindaco e al Segretario Comunale del Comune di Fonte (TV).

Così deliberato in Venezia, nella Camera di consiglio del 22 ottobre 2019.

IL MAGISTRATO RELATORE

IL PRESIDENTE

F.to Marco Scognamiglio

F.to Salvatore Pilato

Depositata in Segreteria il 7 novembre 2019

Per IL DIRETTORE DI SEGRETERIA

F.to Dott.ssa Anna Maria Di Donato