A poche settimane dalla pubblicazione della sentenza dell'Adunanza Plenaria n. 8/2019, il Legislatore interviene a gamba tesa sul testo dell’art. 95 del codice degli appalti. Si auspica che tale intervento sia meglio esaminato al VAR.

Il comma 4, lett. b) dell’art. 95 del Codice degli appalti attribuisce alle pubbliche amministrazioni il potere di ricorrere al criterio di aggiudicazione del minor prezzo per le procedure di aggiudicazione di servizi e forniture con caratteristiche standardizzate, nell'ottica di privilegiare in tali casi l'interesse alla maggior speditezza della gara, di regola celebrata senza l'ausilio di una commissione di valutazione. 

Al contrario, il comma 3 dell’art. 95 stabilisce che gli appalti di servizi con alta intensità di manodopera, ossia quelli nei quali il costo della manodopera è pari almeno al 50 per cento dell’importo totale del contratto (art. 50, comma 1, ultimo periodo, d.lgs. 50/2016), debbano essere aggiudicati col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto tra qualità e prezzo. 

Due eccezioni alla regola generale per cui, fermo restando il favor del Legislatore per l'utilizzo dell'offerta economicamente più vantaggiosa (art. 95, comma 2), la stazione appaltante può scegliere se utilizzare criteri basati sul rapporto qualità/prezzo o sul rapporto costo/efficacia. La prima eccezione, ossia quella riconducibile ai contratti ad alta incidenza di manodopera, conduce a comprimere massimamente il potere discrezionale della P.A. in relazione all'utilizzo del solo criterio qualità/prezzo, la seconda eccezione, invece, ne amplia al massimo la portata. In altre parole, quid juris nel caso per l'affidamento degli appalti standardizzati ad alta intensità di manodopera? Quale norma speciale applicare?