Pubblicato il 30/11/2016

N. 02259/2016 REG.PROV.COLL.

N. 02575/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2575 del 2015, proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, con domicilio eletto in Milano, via Freguglia, n. 1;

contro

Comune di Voghera, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Franco Ferrari, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Larga, n. 23;

per l'annullamento

delle seguenti delibere del Consiglio comunale di Voghera:

- n. 44 del 7 agosto 2015 di approvazione dei regolamenti relativi all'imposta municipale propria (IMU), al tributo per i servizi indivisibili (TASI) e alla tassa sui rifiuti (TARI);

- n.45 del 7 agosto 2015 di determinazione delle aliquote IMU e TASI e delle tariffe TARI, per l'anno 2015;

- n. 46 del 7agosto 2015 di determinazione delle aliquote ai fini dell'addizionale IRPEF per l'anno 2015.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Voghera;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2016 la dott.ssa Valentina Mameli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

I) Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha impugnato, ai sensi dell’art. 52 comma 4 del D.lgs. 446/1997, le deliberazioni del Consiglio comunale di Voghera indicate in epigrafe, relative alle determinazioni delle aliquote di imposte e tasse di competenza comunale, trasmesse al Ministero mediante inserimento nel portale del federalismo fiscale, ai sensi dell’art. 14 comma 8 D.lgs. 23/2011.

Il Ministero con nota del 1° ottobre 2015 ha rappresentato al Comune che le predette deliberazioni erano da considerarsi invalide per violazione dell’art. 1 comma 169 della L. 296/2006, tenuto conto che per l’anno 2015 il termine per la deliberazione del bilancio di previsione è stato stabilito, con decreto del 13 maggio 2015, al 30 luglio 2015 e che le deliberazioni sono state adottate oltre tale termine, invitando quindi il Comune a procedere all’annullamento in autotutela.

Il Comune non ha dato riscontro.

Con atto notificato in data 27 ottobre 2015 e depositato il successivo 12 novembre il Ministero ha proposto il ricorso indicato in epigrafe, chiedendo l’annullamento delle deliberazioni, previa tutela cautelare.

Si è costituito in giudizio il Comune intimato, resistendo al ricorso e chiedendone il rigetto, con difese in rito e nel merito.

A seguito della camera di consiglio del 3 dicembre 2015, fissata per l’esame della domanda cautelare, con ordinanza n. 2550 del 4 dicembre 2015 il Collegio ha rinviato la trattazione del giudizio alla camera di consiglio del 21 gennaio 2016 in attesa dell'approvazione della Legge di Stabilità, al fine di verificare la sussistenza di norme rilevanti per la vicenda di cui è causa.

Nelle more è stata approvata la Legge di Stabilità 2016 (L. 208/2015) che all’art. 1 comma 26 ha previsto: “Al fine di contenere il livello complessivo della pressione tributaria, in coerenza con gli equilibri generali di finanza pubblica, per l'anno 2016 è sospesa l'efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni degli enti locali nella parte in cui prevedono aumenti dei tributi e delle addizionali attribuiti alle regioni e agli enti locali con legge dello Stato rispetto ai livelli di aliquote o tariffe applicabili per l'anno 2015. Sono fatte salve, per il settore sanitario, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, e all'articolo 2, commi 79, 80, 83 e 86, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, nonché la possibilità di effettuare manovre fiscali incrementative ai fini dell'accesso alle anticipazioni di liquidità di cui agli articoli 2 e 3 del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 giugno 2013, n. 64, e successivi rifinanziamenti. La sospensione di cui al primo periodo non si applica alla tassa sui rifiuti (TARI) di cui all'articolo 1, comma 639, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, né per gli enti locali che deliberano il predissesto, ai sensi dell'articolo 243-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o il dissesto, ai sensi degli articoli 246 e seguenti del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000”.

Alla camera di consiglio del 21 gennaio 2016 il Ministero ricorrente ha rinunciato alla domanda cautelare.

All’udienza pubblica del 19 ottobre 2016 la causa è stata chiamata e trattenuta per la decisione.

II) In via preliminare va esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso per carenza di interesse sollevata dal Comune resistente.

Va premesso che, come sopra evidenziato, l’art. 1 comma 26 della L. 208/2015 ha sospeso l’efficacia delle deliberazioni degli enti locali nella parte in cui prevedono aumenti dei tributi e delle addizionali rispetto ai livelli di aliquote o tariffe applicabili per l'anno 2015. Tale sospensione non si applica alla tassa sui rifiuti (TARI).

Per effetto di tale disposizione in relazione alle determinazioni concernenti le aliquote relative all’addizionale IRPEF, al tributo per i servizi indivisibili (TASI) e all’imposta municipale propria (IMU) - il ricorso sarebbe improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse alla decisione (come prospettato alle parti, ai sensi dell’art. 73 c.p.a., nel corso dell’udienza pubblica), essendo sospesa ex lege l’efficacia di tali deliberazioni per l’anno 2015, ovvero per il periodo di imposta cui le stesse si riferiscono.

La pronuncia di improcedibilità presuppone però la sussistenza di un’ammissibilità originaria del ricorso, sotto il profilo dell’interesse ad agire, che sarebbe, appunto, venuto meno per effetto della disposizione legislativa sopra richiamata.

La questione, e la relativa eccezione del Comune resistente, ha comunque una sua attuale rilevanza, considerato che la disposizione di cui all’art. 1 comma 26 della L. 208/2015 non ha inciso sugli effetti della deliberazione n. 45 del 7 agosto 2015 di determinazione delle tariffe TARI per l’anno 2015.

Ciò rilevato, va dato atto che l’orientamento maggioritario espresso dalla giurisprudenza è nel senso di ritenere che l’art. 52 comma 4 del D.lgs. 446/1997 delinei “un’ipotesi di legittimazione straordinaria del Ministero dell’Economia e delle Finanze ad impugnare gli atti degli enti locali in materia di tributi, ipotesi che prescinde dall’esistenza di una lesione di una situazione giuridica tutelabile in capo ad esso, che determini l’insorgere di un interesse personale, concreto e attuale all’impugnazione, giacché l’attribuzione della legittimazione straordinaria è prevista dal legislatore esclusivamente in funzione e a tutela degli interessi pubblici la cui cura è affidata al Ministero stesso” (cfr. Tar Catanzaro sez. I 29 giugno 2016 n. 1340; Cons. Stato sez. V 17 luglio 2014 nn. 3808 e 3817, idem 28 agosto 2014 n. 4409; idem 19 marzo 2015 n. 1495; Tar Milano sez. III 4 giugno 2014 n. 1419).

Recentemente si riscontra l’esistenza di un orientamento difforme, che focalizza l’attenzione non tanto sulla legittimazione straordinaria, quanto, più precisamente, sull’interesse all’azione da parte del Ministero (cfr. Tar Trieste 22 aprile 2016 n. 148).

Il Collegio ritiene che l’orientamento maggioritario, seguito in precedenza anche dalla Sezione, debba essere rimeditato alla luce delle considerazione di seguito esposte.

Non è in discussione la legittimazione del Ministero ad impugnare, in forza del disposto di cui al comma 4 dell’art. 52 della D.lgs. 446/1997.

Va però rilevato che innanzi tutto la richiamata disposizione attribuisce al Ministero la legittimazione ad impugnare “i regolamenti sulle entrate tributarie”, nulla dicendo in ordine alle deliberazioni di determinazione delle aliquote dei tributi, oggetto del presente giudizio.

In secondo luogo la previsione di una legittimazione straordinaria non può “assorbire” la sussistenza dell’altra (e distinta) condizione dell’azione, ovvero l’interesse ad agire. Una cosa, infatti, è la speciale posizione qualificata del soggetto che lo distingue dal quisque de populo, altro è l’interesse ad agire.

Nell'ambito del processo amministrativo l'interesse a ricorrere deve intendersi caratterizzato dalla presenza dei medesimi requisiti sostanziali che qualificano l'interesse ad agire di cui all'art. 100 c.p.c. ovvero dalla prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente e dall'effettiva utilità che potrebbe derivare a quest'ultimo dall'eventuale annullamento dell'atto impugnato. In tal senso, invero, sarebbe del tutto inutile eliminare un provvedimento o modificarlo nel senso richiesto dal ricorrente, se questi non possa trarne alcun beneficio concreto in relazione alla sua posizione legittimante (Consiglio di Stato, Sez. VI, 3.9.2009, n. 5191).

In altri termini non risulta sufficiente l’astratta possibilità di impugnare una delibera per sostanziare in concreto l’interesse del Ministero ricorrente, che deve risultare portatore - nello specifico - di un’utilità ricavabile dall’annullamento degli atti impugnati.

Infatti, in mancanza di deduzioni specifiche in ordine all'interesse ad agire, la domanda giudiziaria proposta innanzi al giudice amministrativo si traduce in una mera e inammissibile richiesta di ripristino della legalità violata.

Ora, con l’atto introduttivo del giudizio il Ministero non spiega i motivi per i quali le delibere gravate si presenterebbero lesive della sua sfera giuridica ovvero degli interessi pubblici di cui è portatore, omettendo di illustrare i meccanismi in forza dei quali dall'annullamento di dette delibere potrebbero derivare effetti favorevoli per la propria sfera giuridica, limitandosi genericamente a denunciare una loro difformità dalla legge, per quanto concerne la tempistica della loro approvazione.

La necessità della dimostrazione dell’interesse da parte del Ministero ricorrente appare imprescindibile tenuto conto del delicato equilibrio tra il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, da un lato, funzione di cui è titolare il Ministero, e l’autonomia finanziaria di entrata e di spesa, dall’altro, riconosciuta agli enti locali dall’art. 119 Cost.

Nel bilanciamento di tali due principio di pari rango, la necessità della prevalenza dell’uno a discapito dell’altro deve essere congruamente supportata da argomentazioni concrete (che non si risolvano nella mera invocazione della disposizione che sostanzia la speciale legittimazione del Ministero) volte ad evidenziare la logica complessiva ed unitaria dell’azione, considerato anche il rischio di creare situazione di disparità di trattamento tenuto conto del numero dei Comuni sul territorio nazionale.

Va infine rilevato che le disposizioni di settore prevedono espressamente la conseguenza per il mancato rispetto del termine di approvazione delle aliquote delle entrate tributarie, ovvero l'applicazione delle aliquote precedentemente in vigore. Il Ministero quindi avrebbe dovuto dimostrare quale ulteriore risultato intende perseguire, oltre quello già legislativamente previsto.

Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Tenuto conto della difformità degli orientamenti giurisprudenziali, sussistono eccezionali motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 19 ottobre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Ugo Di Benedetto, Presidente

Diego Spampinato, Primo Referendario

Valentina Santina Mameli, Primo Referendario, Estensore

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

Valentina Santina Mameli

 

Ugo Di Benedetto

IL SEGRETARIO