Numero 00506/2022 e data 02/03/2022 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Consultiva per gli Atti Normativi

Adunanza di Sezione del 8 febbraio 2022 e del 17 febbraio 2022

 

NUMERO AFFARE 00151/2022

OGGETTO:

Presidenza del Consiglio dei ministri - Ministro per la pubblica amministrazione.

 

Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante “Individuazione e abrogazione degli adempimenti relativi ai piani assorbiti dal piano integrato di attività e organizzazione ai sensi dell’articolo 6, comma 5, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto2021, n. 113”;

LA SEZIONE

Vista la nota prot. n.146-P in data 3 febbraio 2022, di trasmissione della relazione con la quale la Presidenza del Consiglio dei ministri - Ministro per la pubblica amministrazione ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e uditi i relatori, Paolo Aquilanti e Carla Barbati;

 

Premesso

La Presidenza del Consiglio dei Ministri-Ufficio legislativo del Ministro per la Pubblica Amministrazione, con nota del 3 febbraio 2022, prot.n. 146-P, ha trasmesso a questo Consiglio lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante “Individuazione e abrogazione degli adempimenti relativi ai Piani assorbiti dal Piano integrato di attività e organizzazione ai sensi dell’articolo 6, comma 5, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113”, per l’acquisizione del prescritto parere. Lo schema di decreto è accompagnato dalla relazione illustrativa, con il visto apposto dal Ministro per la pubblica amministrazione.

Sono state altresì trasmesse la relazione tecnica e l’analisi tecnico-normativa, nonché la richiesta di esenzione dall’AIR munita del visto del Capo del Dipartimento per gli Affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri. È inoltre allegata la nota, prot. 12769 del 24 gennaio 2022, con cui il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ha rappresentato di non avere osservazioni da formulare, restituendo il decreto con verifica positiva della Relazione tecnica, a firma del Ragioniere Generale dello Stato.

L’Ufficio legislativo del Ministro per la Pubblica Amministrazione, nella medesima nota del 3 febbraio 2022, comunicava la trasmissione a questo Consiglio, per completezza di trattazione, dello schema di decreto del Ministro per la pubblica amministrazione concernente la definizione del contenuto del Piano integrato di attività e organizzazione, con la relativa relazione illustrativa. Sul testo di quest’ultimo decreto, il 2 dicembre 2021, è stata sancita l’intesa in Conferenza Unificata.

L’Ufficio legislativo del Ministro per la Pubblica Amministrazione, essendosi riservato di integrare la documentazione all’esito della seduta della Conferenza Unificata prevista per il 9 febbraio 2022, con nota prot.n. 185-P del 10 febbraio 2022, ha trasmesso i pareri di Anci e di Upi, ai quali era condizionata l’intesa della Conferenza Unificata da concludere nella seduta prevista per il 9 febbraio e, successivamente, con nota prot. n. 197-P dell’11 febbraio 2022 ha fatto pervenire l’intesa sancita dalla Conferenza Unificata nella seduta del 9 febbraio sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica, sottoposto al parere di questo Consiglio.

 

Nella Relazione si segnala, poi, che sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica è stata richiesta, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del dPCM 15 settembre 2017, n. 169, l’esenzione dall’analisi di impatto della regolamentazione in relazione al ridotto impatto dell'intervento.

Il provvedimento in esame si compone di due articoli:

- art. 1, “Abrogazioni”, nel cui unico comma si elencano le disposizioni di legge che andranno ad essere abrogate con la sua entrata in vigore;

- art. 2, “Modifiche di disposizioni normative vigenti”, con il quale si dispongono modifiche, soppressive o sostitutive, di parole o di proposizioni di altre norme primarie, in funzione di coordinamento ovvero al fine, come precisa la Relazione, di espungere il riferimento agli adempimenti assorbiti, per sostituirli con l’indicazione della relativa sezione/sottosezione del Piano integrato di attività e organizzazione.

 

Considerato

La finalità di semplificazione dell’intervento e il suo ruolo per il PNRR

L’art. 6 del d.l. 9 giugno 2021, n. 80, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2021, n. 113, recante “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia” introduce, al comma 1, il “Piano integrato di attività e organizzazione” (Piao) quale “misura di semplificazione rivolta alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 con più di cinquanta dipendenti, con esclusione delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative”. In esso, secondo la relazione illustrativa al disegno di legge di conversione, si prevede “di assorbire, razionalizzandone la disciplina in un’ottica di massima semplificazione, molti degli atti di pianificazione cui sono tenute le amministrazioni (ad esempio, il piano triennale dei fabbisogni, il piano della performance, il piano di prevenzione della corruzione ed il piano organizzativo del lavoro agile), racchiudendoli in un unico atto”.

I contenuti del Piao sono precisati dal comma 2 dell’art. 6 del d.l. n. 80.

Lo stesso art. 6 prevede, al comma 5, che entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del decreto (termine prorogato al 31 marzo 2022 dall’art.1, comma 12, lett. a), sub.1, del d.l. 30 dicembre 2021, n.228, “Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi”), con uno o più decreti del Presidente della Repubblica, emanati ai sensi dell’art.17, comma 2, della l. 23 agosto 1988, n.400, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, ai sensi dell’art.9, comma 2, del d.lgs. 28 agosto 1997, n.281, siano “individuati e abrogati gli adempimenti relativi ai piani assorbiti” dal Piano integrato di attività e organizzazione (da ora, Piao).

Si aggiunge inoltre che - al fine di dare attuazione all’art.6, comma 6, dello stesso decreto-legge, laddove si prevede che, con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione, previa intesa in Conferenza unificata, sia adottato un “Piano tipo, quale strumento di supporto alle amministrazioni”, nel quale sono definite anche le modalità per la sua adozione da parte delle amministrazioni con meno di cinquanta dipendenti - è stato elaborato uno schema di decreto ministeriale concernente la definizione del contenuto del Piao, sul quale il 2 dicembre 2021 è stata acquisita l’intesa in Conferenza Unificata. Si precisa che lo schema di decreto del Presidente della Repubblica di individuazione e abrogazione degli adempimenti relativi ai piani assorbiti è stato elaborato sulla base del contenuto del Piano tipo.

L’avvio della fase attuativa dell’intero intervento di riforma è, dunque, l’emanazione del regolamento di delegificazione in oggetto, strumento concepito dal legislatore della l. n. 400 del 1988 proprio come strumento di semplificazione.

Nello specifico, al d.P.R. il cui schema è qui in esame è consegnato il compito funzionale alla creazione delle condizioni normative perché il Piao possa operare come effettivo strumento di semplificazione per l’azione e per l’organizzazione delle pubbliche amministrazioni. Il proposito dell’Amministrazione, confermato dalla Relazione illustrativa, è quello di fare del Piao una misura atta a consentire l’adeguamento degli apparati amministrativi alle esigenze di attuazione del PNRR, ovvero, come recita l’incipit dell’art. 6 del decreto-legge n. 80 del 2021, “assicurare la qualità e la trasparenza dell’attività amministrativa e migliorare la qualità dei servizi ai cittadini e alle imprese”. La medesima relazione illustrativa ricorda che lo schema di d.P.R. in esame è esso stesso una delle misure di riforma del PNRR, nell’ambito della Milestone M1C1-56 Riforma 1.9 - Riforma della pubblica amministrazione, da realizzarsi entro il 30 giugno 2022.

L’intervento, così descritto, merita il più alto apprezzamento da parte di questo Consiglio di Stato, che condivide la rilevanza dello schema qui in esame e, più in generale, del complesso delle scelte normative che accompagnano l’introduzione del Piao.

Il che, non di meno, fa risultare scarsamente giustificata l’assenza dell’AIR, motivata con una clausola di stile, laddove l’impatto diretto e indiretto dell’operazione è invece prevedibilmente imponente, secondo un obiettivo appunto lodevole ma con modalità non sempre perspicue, come sarà evidente dalle osservazioni che seguono.

Il rilevante impatto dell’intervento (di cui si dovrà dire anche in termini di fattibilità: cfr. infra, al punto 4) appare confermato, inoltre, dalle posizioni delle Autonomie in Conferenza unificata, che lo hanno chiaramente evidenziato in sede istruttoria (si veda, ad esempio, la esplicita affermazione dell’UPI in tal senso) e hanno condotto a un’intesa condizionata al differimento del termine di adozione e a una “attuazione progressiva” del Piano.

 

La duplice criticità del testo legislativo, in relazione al meccanismo di delegificazione e alla natura del decreto ministeriale

Prima di procedere all’esame dello schema in oggetto, questo Consiglio di Stato non può non segnalare una duplice criticità presente nel meccanismo costruito dal d.l. n. 80, che giustifica anche la trasmissione del presente parere al DAGL ai sensi dell’articolo 58 del r.d. 21 aprile 1942, n. 444:

- la prima criticità (art. 6, c. 5, del d.l. n. 80) riguarda le specifiche modalità di ricorso al modello della delegificazione: non per recare la “disciplina di una materia” (come recita la legge n. 400 del 1988) trasferita dalla fonte primaria a quella secondaria, ma per l’unica finalità di disporre abrogazioni (che peraltro si riferiscono, nel caso di specie, non a normative ma ad “adempimenti”, con un ambito ampio, ma non omnicomprensivo, di destinatari);

- la seconda criticità (art. 6, c. 6, del d.l. n. 80) riguarda la natura quantomeno ambivalente del decreto ministeriale recante il “Piano tipo”. Da un lato, si dispone l’adozione solo di un modello di piano “a supporto delle amministrazioni”, che sembrerebbe non essere vincolante e, a queste condizioni, non possedere valore normativo; dall’altro, si dispone, col medesimo decreto, la definizione di “modalità semplificate” per le amministrazioni con meno di 50 dipendenti e pertanto si conferiscono al medesimo atto contenuti necessariamente normativi.

 

2.1. Con particolare riguardo alla prima delle due descritte criticità, occorre analizzare il meccanismo con cui l’art.6 del decreto-legge n. 80 e lo schema in esame rendono effettivo l’intento di riordino e semplificazione del contesto entro il quale opererà il Piao: tale meccanismo, come detto, fa perno sullo strumento del regolamento di delegificazione disciplinato dall’art.17, comma 2, della l. n. 400 del 1988.

Si ricorda che la suddetta disposizione prevede che: “Con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti in materia, che si pronunciano entro trenta giorni dalla richiesta, sono emanati i regolamenti per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l'esercizio della potestà regolamentare del Governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l'abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari”.

2.1.1. Il ricorso a tale strumento avviene, ad avviso della Sezione, con modalità non corrispondenti al modello originario, che si sono affermate già in altre occasioni e che oggi evidenziano una torsione ulteriore.

Nel caso di specie, infatti, la norma di delegificazione assegna al regolamento il solo compito di individuare e abrogare “gli adempimenti” relativi ai piani che saranno assorbiti nel nuovo Piao e, senza indicare le disposizioni legislative che andranno ad essere abrogate con l’entrata in vigore del regolamento, demanda integralmente questo compito al regolamento stesso, quale atto cui spetterà identificare (non le norme di legge, bensì, si ripete,) “gli adempimenti” di legge abrogati con la sua entrata in vigore.

In altri termini, in questo caso il regolamento di delegificazione agisce solo “in negativo”, astenendosi dal recare una “disciplina della materia” che si dovrà perciò desumere per sottrazione degli adempimenti abrogati (rectius aboliti) o comunque adeguati.

2.1.2. L’art. 6 più volte citato rinuncia anche a indicare le “norme generali regolatrici” della materia che l’art. 17, comma 2, della l. n.400 del 1988, vorrebbe operata dalla legge di delegificazione. Si limita infatti a richiedere, nel comma 1, il necessario rispetto delle “vigenti discipline di settore” e, fra queste, in particolare del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, “Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni” e della l. 6 novembre 2012, n. 190 “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”, per poi richiamare le finalità generali della semplificazione, che s’intende realizzare mediante l’introduzione del Piao, attraverso l’elencazione, nel comma 2, di quali dovranno esserne i principali contenuti e le direttrici cui dovranno essere informati.

2.1.3. Entro i confini così delineati, sia pur debolmente, dalla legge, lo schema di regolamento in esame assolve alla finalità che gli è assegnata di individuare e abrogare gli adempimenti relativi ai piani che saranno assorbiti nel Piao tramite talune abrogazioni espresse di norme primarie, elencate nell’unico comma di cui si compone l’art.1 (“Abrogazioni”), nonché tramite modifiche, soppressive o sostitutive, di parole o proposizioni di altre norme primarie indicate nell’art.2 (“Modifiche di disposizioni normative vigenti”) anche al fine, come precisa la relazione, di espungere il riferimento agli adempimenti assorbiti dal Piao, per sostituirli con l’indicazione della relativa sezione/sottosezione del “nuovo” Piano.

A questo proposito, merita ribadire nuovamente che la norma di legge si riferisce, impropriamente, all’abrogazione di adempimenti, non di norme. Una formulazione che lascia aperto il dubbio se essa debba essere interpretata nel senso che il regolamento in esame ha l’effetto non già di abrogare le norme indicate ma di determinare la loro inefficacia in quanto relative ad adempimenti, da ritenere ormai inutili o superati in quanto inerenti a piani assorbiti nel PIAO, o ancora di lasciare vigenti le norme solo per alcuni destinatari, cui non si applica l’art. 6 del d.l. n. 80.

 

2.2. Venendo alla seconda criticità, se si considera lo schema di decreto ministeriale elaborato per l’adozione del Piano (Piao) Tipo – trasmesso a questo Consiglio, “per completezza di trattazione” – sembra potersi affermare che, se al regolamento è consegnata essenzialmente la pars destruens del disegno di delegificazione per la semplificazione, è allo schema di decreto ministeriale di adozione del Piano Tipo che è affidata la pars costruens, ovvero la concreta definizione di quello che sarà (non solo lo schema di Piano Tipo, bensì) il quadro di riferimento per le pubbliche amministrazioni assoggettate al Piao, andando in tal modo a integrare, anzi sostanzialmente a comporre, le scarne indicazioni offerte dall’art.6 del decreto-legge n. 80 del 2021 in merito alle finalità da perseguire e alle stesse norme generali regolatrici del Piao. In tale direzione sembrano porsi, ad esempio, gli artt. 1, parte dell’art. 2, nonché gli articoli 7, 8, 9, 10, 11, e 12, dello schema di d.m., che disciplinano aspetti assai rilevanti, dall’ambito di applicazione alle sanzioni.

Al decreto ministeriale di adozione del Piano Tipo è, d’altro canto, consegnata la stessa individuazione dei Piani, fra quelli cui sono state sin qui tenute le pubbliche amministrazioni, che dovranno confluire nel Piao, anche a questi effetti così colmando e, per taluni profili, integrando le laconiche indicazioni offerte sul punto dall’art.6 del decreto-legge e, a questi effetti, dallo stesso schema di regolamento di delegificazione.

Pertanto, sebbene il decreto ministeriale sia definito dall’art.6, comma 6, solo “quale strumento di supporto alle amministrazioni”, quasi un atto di indirizzo non vincolante e quindi sia stato concepito implicitamente dal Ministro competente - ma non dalla legge - come un atto amministrativo generale di natura non normativa, a tale qualificazione ostano almeno due rilevanti elementi:

- da un lato, la sua previsione è accompagnata, nella stessa legge, da specificazioni che alludono (anche) a un suo valore chiaramente normativo e prescrittivo, ad esempio in riferimento alla necessaria definizione della disciplina applicabile alle amministrazioni con meno di cinquanta dipendenti;

- dall’altro, come si è detto, nel testo inviato per conoscenza a questo Consiglio sono riconoscibili in effetti, e in larga misura, chiari precetti (conformativi) rivolti a tutte le pubbliche amministrazioni (ad esempio, come già rilevato, agli artt. 1 e 2, nonché agli artt. da 7 in poi). A considerare diversamente, si aprirebbero interrogativi anche in merito a quella che sarebbe l’effettiva capacità prescrittiva del decreto ministeriale nei confronti di amministrazioni pari ordinate, segnatamente del livello statale (interrogativi che non si propongono, invece, con la stessa intensità nei confronti degli enti territoriali, solo perché quantomeno attratti nel processo decisionale tramite lo strumento dell’Intesa sancita in Conferenza Unificata).

In altri termini, dall’impostazione scelta dall’Amministrazione deriva un’incertezza sostanziale sullo svolgimento attuativo. A parere della Sezione, essa può essere risolta, nel contesto dato, da un’interpretazione conforme alla dislocazione ordinata delle fonti: mentre il regolamento governativo, al fine di rimuovere gli ostacoli che altrimenti vi sarebbero nelle disposizioni di legge, adegua l’ordinamento all’effetto di assorbimento nel PIAO degli altri piani già previsti, la regolazione positiva del nuovo Piano va rimessa a uno strumento dinamico e adattabile, il decreto ministeriale, come si conviene allo scopo.

Ne manca, però, l’appropriata qualificazione normativa, non solo necessaria in sé ma – inevitabilmente – coessenziale al decreto ministeriale, che perciò va considerato a tutti gli effetti come un regolamento e trasmesso al Consiglio di Stato con la dovuta richiesta di parere (non essendo, a tal fine, sufficiente una mera trasmissione “di cortesia”).

 

Il lavoro “conservativo” sulle abrogazioni e la definizione di un quadro normativo di riferimento per le pubbliche amministrazioni

Quanto sin qui osservato in merito alla scelta di ricorrere a un modello di delegificazione affidato a un sistema fatto di sole abrogazioni espresse e di modifiche legislative affiancato o, appunto, integrato da un decreto ministeriale al quale è consegnata l’identificazione in positivo dell’ambiente anche normativo con il quale si confronteranno le amministrazioni, trova conferma nelle ricadute che ne derivano sulla sorte dei piani che saranno assorbiti dal Piao e, perciò, anche sugli oneri interpretativi o comunque applicativi e di adeguamento che andranno a gravare sui soggetti tenuti alla sua adozione e, come meglio si dirà nel prosieguo, anche su quelli che non sono tenuti alla sua adozione, concorrendo perciò a definire la reale capacità del Piao, e con essa dello stesso regolamento che ne predispone le condizioni normative, di affermarsi come strumento di semplificazione.

 

3.1. In primo luogo, già la lettura del solo schema di regolamento consente di cogliere che il lavoro di abrogazione appare piuttosto “conservativo”, laddove la legge sembra consentire (e forse imporre) una “costante e progressiva semplificazione e reingegnerizzazione dei processi” e la stessa relazione illustrativa dichiara “un’ottica di massima semplificazione”, che dovrebbe portare ad “assorbire, razionalizzandone la disciplina … molti degli atti di pianificazione cui sono tenute le amministrazioni”.

Tale opera di drastica riduzione degli adempimenti non appare compiutamente attuata dal d.P.R. in oggetto, il quale sembra limitarsi ad “abrogare quanto appare chiaramente inutile”, mentre invece la logica dovrebbe essere quella – inversa – di “conservare soltanto ciò che è davvero indispensabile” per migliorare il servizio per i cittadini e le imprese.

Alla stregua di quanto rilevato, il d.P.R. in oggetto non sembra porsi in linea con la stessa relazione di accompagnamento. Questo Consiglio di Stato può, però, comprendere l’approccio prudente della scrivente amministrazione, purché esso risulti limitato alla sua fase di prima applicazione.

A voler attuare in concreto la lettera della legge, che si riferisce al “costante e progressiva semplificazione e reingegnerizzazione dei processi”, occorre allora costruire già adesso - esplicitamente (cfr. infra, punto 3.4) - un percorso di successiva evoluzione del lavoro abrogativo, con un work in progress da svolgere alla luce di quanto emergerà dal necessario monitoraggio, secondo quanto si suggerirà infra, al punto 4.

 

3.2. In secondo luogo, venendo invece all’esame delle abrogazioni specificamente disposte dallo schema in oggetto, si rileva che le loro ricadute non sono uniformi per tutti i piani dei quali si prevede l’assorbimento nel Piao, né per tutti i contesti legislativi di rispettivo riferimento, né per tutte le amministrazioni pubbliche.

Solo alcuni piani sono oggetto, infatti, di abrogazioni espresse e, in taluni casi, di modifiche soppressive che hanno la capacità di condurre alla caducazione dell’intera disciplina di rango primario che li prevedeva e li disciplinava.

In particolare, formano oggetto di abrogazioni espresse e di modifiche soppressive della normativa primaria che reca la rispettiva disciplina:

il Piano organizzativo per il lavoro agile (cd. Pola), introdotto come sezione del Piano della performance dall’art.14, comma 1, della l.7 agosto 2015, n.124, oggetto di abrogazione espressa ai sensi dell’art.1, comma 1, lett. e) dello schema di regolamento. Con riferimento a quelli che erano, in base alla norma primaria che lo regolava, gli obiettivi del Piano, residua la sola disposizione, di cui al comma 3-bis dell’art.14, della l.n.124 del 2015, volta a prevedere l’istituzione, presso il Dipartimento della Funzione Pubblica, dell’Osservatorio Nazionale del Lavoro Agile nelle Amministrazioni Pubbliche;

il Piano delle azioni positive (cd. Pap) di cui all’art. 48, comma 1, del d.lgs. 11 aprile 2006, n. 198, soppresso in via di modifica dall’art.2, comma 2, lett. a) dello schema di regolamento. Per esso, l’art. 2, comma 2, lett. c) dello schema di regolamento fa venir meno, in via di modifica soppressiva, anche la sanzione, contemplata nel quarto periodo dell’art. 48, comma 1, del d.lgs. n.198/2006, tramite rinvio all’art.6, comma 6, del d.lgs. 165 del 2001, che prevedeva il divieto di assumere personale in caso di mancato adempimento.

 

3.3. Per altri piani, invece, le abrogazioni e le modifiche disposte dallo schema di regolamento in esame non sono altrettanto esaustive, lasciando residuare porzioni di disciplina primaria o riferimenti ad essi da parte di altre norme legislative, in relazione alle quali paiono opportuni completamenti e chiarimenti al fine di non complicare il riconoscimento del quadro normativo di riferimento per le pubbliche amministrazioni assoggettate al Piao, salvi gli ulteriori adeguamenti e coordinamenti resi necessari dalle indicazioni fornite dal decreto ministeriale di adozione del Piano tipo.

Questo Consiglio di Stato evidenzia i seguenti casi, raccomandando un approfondimento del lavoro di abrogazione per ciascuno di essi:

il Piano della Performance, di cui all’art.10 del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150, che rientra comunque fra le discipline di settore che l’art.6 della l. n. 113 del 2021 vuole siano rispettate dal Piao. L’abrogazione del solo comma 1, lett. a), e comma 1-ter, prevista dall’art.1, comma 1, lett. c) dello schema di regolamento, ha certamente la capacità di chiarine il passaggio a sottosezione del Piao. Lo schema di regolamento tuttavia nulla dispone in merito alla sorte dell’art.16 del d.lgs. 150 del 2009, ove si prevede che per l’attuazione delle disposizioni in materia di ottimizzazione della produttività delle pubbliche amministrazioni, fra le quali quelle relative al Piano della performance, quanto agli enti territoriali e alle amministrazioni del servizio sanitario nazionale, si proceda tramite accordo da sottoscrivere in sede di Conferenza Unificata. Essendo disposizione collocata al di fuori del Capo II del d.lgs. n.150 del 2009, sarebbe opportuno chiarire se questo strumento di flessibilità, ma al contempo solo di portata procedimentale, continui o meno a sopravvivere. Esigenza rappresentata anche dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, ai fini dell’Intesa espressa il 9 febbraio 2022 sullo schema di d.P.R., ove si propone l’inserimento nel provvedimento di una previsione volta a confermare, con particolare riferimento alle aziende e agli enti del Servizio sanitario nazionale, la “validità” di quanto stabilito nell’art.16 del d.lgs. n. 150 del 2009.

Più in generale, tenendo conto del fatto che riferimenti al Piano della performance sono contenuti in una pluralità di norme primarie (dal codice dei contratti pubblici alle disposizioni per le stabilizzazioni finanziarie, al codice dell’amministrazione digitale, per ricordarne qui solo alcune), si suggerisce di utilizzare, in questo caso, una clausola di chiusura con la quale prevedere che, per le amministrazioni soggette al Piao, tutti i riferimenti operati da norme di legge al Piano della performance debbano intendersi come riferimenti alla corrispondente sottosezione del Piao;

il Piano triennale delle azioni concrete per l’efficienza delle pubbliche amministrazioni (il cd. “piano delle azioni concrete”), previsto dall’art.1, comma 1, della l. 19 giugno 2019, n. 56 e da questo inserito come art. 60 bis, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, il quale è oggetto di abrogazione espressa ad opera dell’art.1, comma 1, lett. b) dello schema di regolamento. Tuttavia residua la necessità di meglio esplicitare, sin da ora, quale sorte abbiano, per le pubbliche amministrazioni sottoposte al Piao, le altre previsioni dell’art. 60 bis, concernenti l’istituzione e le attribuzioni del Nucleo della Concretezza, presso il Dipartimento della Funzione Pubblica. In questo senso, anche la proposta formulata da Anci, ai fini dell’Intesa espressa il 9 febbraio 2022 sullo schema di d.P.R.

il Piano esecutivo di gestione (cd. Peg), di cui all’art.169, del d.lgs, 18 agosto 2000, n. 267. L’art.1, comma 1, lett.a), dello schema di regolamento si limita a disporre l’abrogazione espressa del solo ultimo periodo del comma 3 bis, laddove si prevede che in esso siano unificati il piano dettagliato degli obiettivi di cui all’art.108, comma 1 del d.lgs. n. 267/2000 e il piano della performance. Il che induce a considerare l’opportunità, rappresentata anche da Anci ai fini dell’Intesa, di una riformulazione dell’art.1, comma 1, lett. a) dello schema di regolamento che meglio espliciti la sorte del Peg;

il Piano dei fabbisogni. L’abrogazione espressa disposta dall’art.1, comma 1, lett. b) dello schema di regolamento ha ad oggetto le sole previsioni di cui all’art.6, commi 1, 4 e 6 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, concernenti le sue modalità di approvazione, mentre sopravvivono le disposizioni dedicate ai suoi contenuti. In proposito, resta semmai da chiarire se e fino a che punto questo piano conserverà non solo il nomen ma anche la struttura che lo ha sin qui connotato, rivelandosi come unica innovazione quella della sua collocazione all’interno del Piao. In proposito va segnalato, inoltre, che il riferimento al piano dei fabbisogni è assai carente, corredato com’è di una specificazione tutt’altro che univoca (“ove possibile”), mentre il contesto principale di riferimento, l’attuazione del PNRR, esige non solo la certezza di una simile pianificazione, ma anche una sua declinazione compiuta: la quantità e la qualificazione delle risorse umane necessarie allo scopo;

il Piano di prevenzione della corruzione (cd. Ptcp). L’art.1, comma 1, dello schema di regolamento si limita a disporre l’abrogazione espressa della sola previsione contenuta nell’art.1, comma 60, lett. a) della l. 6 novembre 2012, n.190, relativa alla trasmissione del Piano, da parte di ciascuna amministrazione, alla Regione interessata e al Dipartimento della funzione pubblica. L’art. 2 dello schema di regolamento, nell’ambito delle modifiche legislative, aggiunge, al comma 4, la soppressione della previsione, contenuta nel comma 8 del medesimo art.1 della l. n.190 del 2012, che ne prevede la trasmissione all’Autorità Nazionale Anticorruzione e, nel comma 5, dispone la soppressione del riferimento al Piano di prevenzione della corruzione, contenuto nell’art. 10, comma 6, del d.lgs. 33/2013, laddove si prescrive, invece, la sua trasmissione alle associazioni di consumatori e utenti, centri di ricerca e altri osservatori qualificati, nell’ambito di apposite giornate sulla trasparenza. Quanto agli obblighi di pubblicazione del Piano sul sito istituzionale delle amministrazioni, l’art. 2 dello schema di regolamento, nel comma 5, interviene a modificare anche il riferimento, effettuato a questi fini dall’art.10, comma 8, lett. a), al solo Piano triennale per la prevenzione della corruzione prevedendo che ad esso si aggiunga quello, alternativo, al Piao da valere, evidentemente, per le amministrazioni che ad esso siano assoggettate.

Si è, così, in presenza di un insieme di abrogazioni e di modifiche destinate ad agire essenzialmente su taluni profili procedimentali del Piano anticorruzione, che si vogliono superati o adeguati per effetto del suo inserimento all’interno del nuovo Piao e dei nuovi procedimenti di approvazione e pubblicità per esso previsti.

Restano da chiarire i raccordi sostanziali tra quella che diventerà la sottosezione “rischi corruttivi e trasparenza” della sezione “Valore pubblico, performance e anticorruzione”, e la normativa anticorruzione, indicata espressamente dall’art.6 della l. n. 113 del 2021 tra le discipline di settore nel cui rispetto dovrà essere adottato il Piao.

Anche con riferimento al piano triennale di prevenzione della corruzione residuano comunque disposizioni, anche fra quelle contenute nella stessa l. n. 190 del 2012, che nell’operarvi rinvii meritano di essere meglio raccordate con quella che, per le pubbliche amministrazioni assoggettate al Piao, sarà la nuova configurazione e denominazione del piano o della sezione.

 

3.4. Da ultimo, in relazione alla complessità del suddetto quadro dei piani confluiti nel Piao e, conseguentemente, alla difficoltà di definire compiutamente tutto il quadro abrogativo (che pure, nel disegno della legge, sarebbe il compito precipuo del regolamento di delegificazione), la Sezione ritiene, altresì di suggerire:

- di inserire espressamente una disposizione che preluda, in prospettiva futura, a successive e più incisive abrogazioni esplicite, che non si limitino ad abrogare le norme incompatibili ma verifichino, nel tempo, con un’apposita azione di monitoraggio (cfr. infra, punti 4.3 e 4.4), l’effettiva utilità delle norme rimaste (al momento) in vigore, conservando, in prospettiva, solo quelle davvero indispensabili;

- di considerare utile in questo caso (eccezionalmente, e solo in considerazione della particolarità della fattispecie) il ricorso anche a clausole generali, abrogative delle disposizioni incompatibili con il presente decreto;

- di prevedere espressamente, nel d.P.R. in oggetto, con una norma ad hoc, il monitoraggio periodico della completezza ed efficacia del quadro abrogativo e della eventuale necessità di esplicitare, dopo un certo periodo di funzionamento, nuove abrogazioni. Circostanza, questa, sempre possibile, perché come è noto la potestà abrogativa demandata al Governo ai sensi dell’art. 17, comma 2, è permanente e non a tempo, come nel caso della delega legislativa.

 

L’intrinseca eterogeneità del Piao e gli strumenti per evitare il rischio dell’ulteriore “layer of bureaucracy

Dopo avere affrontato le svariate e rilevanti questioni che si pongono sul piano sistematico e giuridico, la Sezione non può non esprimersi anche riguardo agli aspetti sostanziali e operativi di un intervento così importante, per valutare al meglio come perseguirne l’utilità “nella pratica”.

 

4.1. La sfida operativa sembra essere costituita dalla capacità del Piao di affermarsi come strumento di effettiva semplificazione. Uno strumento che non deve costituire (e questo è chiaro, nelle intenzioni del legislatore) ciò che nella pratica internazionale viene definito un ulteriore “layer of bureaucracy”, ovvero un adempimento formale aggiuntivo entro il quale i precedenti piani vanno semplicemente a giustapporsi, mantenendo sostanzialmente intatte, salvo qualche piccola riduzione, le diverse modalità di redazione (compresa la separazione tra i diversi responsabili) e sovrapponendo l’ulteriore onere – layer, appunto – di ricomporli nel più generale Piao.

Al contrario, il Piao, nella ratio dell’art. 6, sembra dover costituire uno strumento unitario, “integrato” (lo rende esplicito la definizione stessa), che sostituisce i piani del passato e li “metabolizza” in uno strumento nuovo e omnicomprensivo, crosscutting, che consenta un’analisi a 360 gradi dell’amministrazione e di tutti i suoi obiettivi da pianificare. Pertanto, il Piao dovrebbe porsi nei confronti dei piani preesistenti come uno strumento di riconfigurazione e integrazione (necessariamente progressiva e graduale), sia per realizzare in concreto gli obiettivi per i quali è stato concepito dal comma 1, ovvero “assicurare la qualità e la trasparenza dell'attività amministrativa”, “migliorare la qualità dei servizi ai cittadini e alle imprese”, “procedere alla costante e progressiva semplificazione e reingegnerizzazione dei processi”, sia per recepire in pratica i contenuti indicati dalle direttrici di riforma del comma 2.

Soprattutto, per rendere effettiva la volontà del legislatore, l’intero processo dovrà avere come obiettivo ciò che è “al di fuori” della P.A., ovvero i cittadini e le imprese che ne fruiscono i servizi. È per loro, soprattutto, che questa ingente mole di pianificazione dovrebbe essere svolta. Occorrerà quindi, nella pratica, evitare la autoreferenzialità, minimizzare il lavoro formale (evitando la worst practice di copiare i piani preesistenti, o quelli di altre amministrazioni), limitare all’essenziale il lavoro “verso l’interno” e valorizzare, invece, il lavoro che può produrre risultati utili “verso l’esterno”, migliorando il servizio dell’amministrazione pubblica.

Tale integrazione e “metabolizzazione” dei piani preesistenti e, soprattutto, tale valorizzazione “verso l’esterno” non potrà che avvenire, come si è osservato, progressivamente e gradualmente: sarebbe velleitario e poco realistico pensare che a ciò basti la sola aggregazione dei sottopiani nel Piao.

A tal fine, occorrerà accompagnare sin da subito questa importante riforma con almeno due ulteriori interventi “non normativi”, di cui si dirà nei punti seguenti: il monitoraggio e la formazione.

 

4.2. In primo luogo, occorrerà tenere presente la diversa incidenza che per molti piani (e perciò per molti contenuti del Piao) conserverà la normativa di rango primario che li prevedeva e li disciplinava. Difatti, alla stregua del sistema di interventi così immaginato, il nuovo strumento di programmazione appare chiamato a vivere rapporti differenti, e perciò complessi, con i differenti piani ai quali offrirà nuova sistemazione.

E queste differenze che continueranno a connotare le varie sezioni e sottosezioni del Piao ancora presenti nel d.m. – i diversi soggetti responsabili della predisposizione, i diversi effetti, i diversi monitoraggi previsti per le diverse sezioni del Piao – sembrano costituire la prima sfida tra quelle descritte.

Tale sfida potrà essere superata individuando, nei mesi di prima applicazione, le divergenze da assorbire e le modalità concrete per integrare, nel tempo, atti allo stato ancora diversi ed eterogenei: allo scopo dovrà essere costruito un sistema operativo di monitoraggio che, da un lato, dovrà essere condotto sul piano normativo (come si è già detto retro, alla fine del punto 3), individuando le disposizioni non ricomprese nell’attuale d.P.R. che ancora costituiscono un ostacolo alla progressiva integrazione, o semplicemente si rivelano inutili, dall’altro dovrà tener conto del piano operativo, pratico, rilevando gli effettivi cambiamenti prodotti dal Piao nei primi mesi/anni di applicazione e indicando se del caso adeguati interventi correttivi.

 

4.3. La sfida della “eterogeneità intrinseca” al Piao non ha, però, solo la descritta valenza esterna, come idoneità a operare come strumento di semplificazione e innovazione; essa ha anche una valenza interna alle stesse pubbliche amministrazioni ad esso assoggettate.

Per quanto si è osservato, le amministrazioni sono chiamate a un compito che l’art. 6, comma 8, della l. n. 113 del 2021 vuole assolto, come da clausola di stile, “con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente”, ma che, ove non si risolva nella mera addizione dei piani preesistenti, suppone la disponibilità di un capitale umano di competenze e di ambienti anche organizzativi che la stessa l. n. 131 del 2021 prevede debbano essere attrezzati all’interno e in esito ad altri processi di riforma i cui tempi non coincidono con quelli previsti per l’adozione del Piao. Il nuovo piano, in questa tempistica, subisce quindi anche una sorta di torsione per effetto della quale sembra chiamato a farsi punto di avvio delle innovazioni per il miglioramento dell’azione e dell’organizzazione amministrativa anziché proporsi quale loro punto di caduta.

Occorre, dunque, che sin dall’emanazione del d.P.R. e dall’adozione del d.m. in questione si programmino - e di ciò dovrebbe darne atto almeno la relazione di accompagnamento, o meglio una norma ad hoc - attività specifiche di formazione adeguata di personale per introdurre una cultura “nuova” della programmazione, che possa far evolvere quella di chi oggi redige i singoli piani (rectius, sottopiani del Piao) con un approccio che appare prevalentemente formalistico e non result oriented.

 

4.4. In conclusione sul punto, la Sezione ritiene di dover suggerire sin da subito, anche con apposite disposizioni normative nel d.m. che dovrà essere trasmesso a questo Consiglio di Stato:

- da un lato, di disporre un monitoraggio ad hoc, da prevedere contestualmente sia sul processo abrogativo sia con un focus sul funzionamento operativo, al fine di accompagnare la “contestualizzazione” unica sul piano formale dei piani ora vigenti con una effettiva integrazione e “metabolizzazione” tramite la progressiva ricerca, sul piano sostanziale, di sinergie, analogie, individuazione e – soprattutto –eliminazione di duplicazioni tra un piano e l’altro e soppressione delle formalità inutili;

- dall’altro, di rendere più esplicito, in sede di d.m., il processo formativo/riqualificativo necessario, in punto di “fattibilità” della riforma, per una effettiva adozione del Piao nelle prassi degli uffici pubblici.

Entrambe queste azioni indispensabili dovranno essere condotte – si ripete – avendo come priorità assoluta (da monitorare e rendere oggetto specifico del training) il servizio reso “all’esterno” della P.A. . Anche a costo di sopprimere, con maggiore convinzione, gli adempimenti che, alla luce del monitoraggio, non riveleranno alcuna utilità pratica (e che ad oggi, invece, non sono ancora oggetto di abrogazione ai sensi del d.P.R. in oggetto): a tal fine, il lavoro qui suggerito dovrà avere anche un ritorno sul piano delle abrogazioni esplicite, come suggerito retro, ai punti 3.1. e 3.4.

È questa, in ultima analisi, la vera sfida che il Piao deve affrontare e vincere: attuare davvero quella “costante e progressiva semplificazione e reingegnerizzazione dei processi” voluta dal legislatore, e inserita nel PNRR, passando progressivamente, come già affermato (cfr. retro, punto 3.1), da una fase in cui si elimina, oggi, “ciò che è chiaramente inutile”, a una fase in cui si elimina tutto “ciò che non è strettamente indispensabile”, conservando appunto solo gli adempimenti utili “verso l’esterno”, necessari per rendere migliore il servizio per i cittadini e le imprese.

 

Le altre differenze irrisolte: l’ambito soggettivo di applicazione del Piao.

Il complesso delle abrogazioni e delle modifiche legislative previste dallo schema di regolamento in esame propone poi altre aporie che vanno ad interessare l’ambito soggettivo di applicazione del nuovo strumento, investendo perciò, ancora una volta, la sorte dei diversi strumenti di programmazione anche per le amministrazioni che non vi siano assoggettate e per le quali sussiste la pari necessità di un agevole riconoscimento del quadro normativo di riferimento.

Quanto all’ambito soggettivo di applicazione del Piao, l’art.6 ne offre infatti una perimetrazione, indubbiamente utile, laddove stabilisce che siano tenute ad adottare il Piao le pubbliche amministrazioni di cui all’art.1, comma 1, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, con più di cinquanta dipendenti, con esclusione delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative.

La delimitazione non appare tuttavia risolutiva.

Soprattutto, essa non appare del tutto adeguata a risolvere le difficoltà che da sempre circondano la possibile riconduzione di numerosi soggetti che, agli effetti di molte discipline generali e di settore, si riconoscono comunque partecipi di una natura pubblica, non solo nel novero delle pubbliche amministrazioni di cui all’art.1, comma 1, del d.lgs. n 165 del 2001.

Incertezze soggettive che diventano anche incertezze, come si anticipava, in merito alla sorte dei diversi strumenti di programmazione e di pianificazione. Taluni di questi strumenti vedono infatti la caducazione, anche integrale, della normativa primaria che li prevedeva per effetto di abrogazioni espresse e di talune modifiche soppressive che, allo stato, possiedono l’efficacia erga omnes correlata al venir meno della disciplina legislativa di riferimento.

La conseguenza che ne deriva è che i piani interessati dagli interventi abrogativi o soppressivi cesserebbero di essere previsti anche per le pubbliche amministrazioni non assoggettate al Piao sia perché escluse, anche in via interpretativa, dal novero di quelle di cui all’art.1, comma 1, del d.lgs. n.165 del 2001, sia perché escluse de jure, come è per le scuole di ogni ordine e grado e gli istituti educativi.

Ci si chiede, pertanto, se non sia opportuno immaginare l’inserimento, nello schema di regolamento, di chiari riferimenti ai soggetti per i quali opereranno le abrogazioni e le soppressioni legislative, con riferimento ai diversi piani, o comunque di disposizioni atte a chiarire quale sarà la sorte degli strumenti così superati per le pubbliche amministrazioni non assoggettate al Piao.

In questo senso, sembra doversi leggere anche la proposta formulata dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, ai fini dell’Intesa espressa il 9 febbraio 2022 dalla Conferenza Unificata sullo schema di d.P.R., laddove si chiede di inserire in questo provvedimento una modifica dell’art.1, comma 5, della l. n. 190 del 2012 volta a precisare gli adempimenti ai quali saranno tenuti, agli effetti della normativa anticorruzione, i soggetti che non adottano il Piao, neppure nella forma semplificata di cui all’art.6 del d.l.n.80 del 2021.

In ogni caso, risulta evidente come l’impreciso riferimento legislativo alla “abrogazione di adempimenti” debba essere interpretato secondo la ratio propria della disposizione, desumibile anzitutto dallo stesso contesto normativo, che fa eccezione per le amministrazioni educative e scolastiche: infatti, la volontà di escludere tali enti dal perimetro ablatorio conferma che non di abrogazione si tratta ma di cessazione dell’efficacia delle norme di legge individuate in riferimento a tutte le altre amministrazioni di cui al decreto legislativo n. 165 del 2001. Altrimenti, verrebbe meno la base normativa per la continuità, disposta dalla legge, di applicazione all’universo educativo e scolastico degli adempimenti previsti dalle norme di legge “abrogate”. Tale soluzione interpretativa permette anche di chiarire che gli adempimenti “abrogati” (recte: aboliti) continueranno ad applicarsi a quegli enti pubblici inclusi nell’elenco annuale dell’ISTAT delle pubbliche amministrazioni che applicano i piani e gli altri strumenti di programmazione soppressi in via generale ma solo, con le menzionate eccezioni, per le amministrazioni riconducibili alla classificazione del d. lgs. 165 del 2001.

La questione non è terminologica, ma di sostanza: se sono abrogate le norme di legge, queste non potranno essere applicate neppure per le amministrazioni espressamente escluse o non incluse nel novero degli enti di cui al d. lgs. 165 del 2001, a meno che se ne disponga una (parziale) ultrattività posteriore all’abrogazione, soluzione invero adottata in passato ma in via solo eccezionale e dinanzi a condizioni di necessità, ma non commendevole, in generale, nell’ordinato svolgimento del rapporto tra fonti normative.

Pertanto, appare necessario qualificare l’intervento come una cessazione (su un ambito di destinatari parziale, poiché ampio ma non omnicomprensivo) dell’efficacia delle norme in questione, portando il tenore letterale della disposizione di legge abrogatrice alla sua funzione specifica e propria: l’abolizione di adempimenti amministrativi ormai inutili in ragione dell’assorbimento nel PIAO, ma ancora prescritti per le scuole e le istituzioni educative e, in ipotesi, per altre amministrazioni non riconducibili al d. legs. 165 del 2001 ma incluse nell’elenco ISTAT.

 

6. Considerazioni conclusive e necessità del successivo esame del decreto ministeriale

Conclusivamente, per le considerazioni che si sono sin qui esposte, anche in ragione di quanto è risultato dall’analisi dello schema di regolamento e dalla conoscenza dello schema di decreto ministeriale relativo al Piano tipo, la Sezione ritiene di poter esprimere un parere favorevole sullo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante “Individuazione e abrogazione degli adempimenti relativi ai Piani assorbiti dal Piano integrato di attività e organizzazione ai sensi dell’articolo 6, comma 5, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80, convertito con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2021, n. 113,”, a condizione che sia riformulato nel senso dianzi esposto e nel presupposto di una sua integrazione, di natura normativa, con il decreto ministeriale.

Quanto a quest’ultimo, questo Consiglio di Stato si riserva di esprimere un apposito parere, una volta acquisito dall’Amministrazione, con la qualificazione di regolamento da adottare ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, lo schema di decreto del Ministro per la pubblica amministrazione concernente la definizione del contenuto del Piano integrato di attività e organizzazione, in considerazione della sua natura normativa, che risulta sia dai contenuti, sia dalla (necessaria) funzione integrativa dell’ordinamento cui è destinato dagli elementi di contesto che sono stati esaminati. La Sezione ritiene solo di poter rimettere sin d’ora alla considerazione dell’Amministrazione una puntuale notazione, che potrà essere considerata in sede di nuova (e formale) trasmissione dello schema di d.m. . La struttura di Piao configurato dal testo inviato per conoscenza sembra concentrarsi sulla aggregazione degli strumenti vigenti (conservandone, probabilmente, più del necessario), ma non sembra invece considerare le esigenze nuove che possono porsi per l’amministrazione del futuro: in primis, ad esempio, quella di identificare in concreto gli adempimenti imposti dal PNRR e di pianificare operativamente, amministrazione per amministrazione, la loro esecuzione.

Alla stregua delle considerazioni esposte nel presente parere (cfr., in particolare, il punto 2), di esso è altresì disposta la trasmissione al Dipartimento degli affari giuridici e legislativi ai sensi dell’articolo 58 del r.d. 21 aprile 1942, n. 444.

P.Q.M.

 

Il parere della Sezione è reso nei termini di cui in motivazione. Se ne dispone la trasmissione al Dipartimento degli affari giuridici e legislativi ai sensi dell’articolo 58 del r.d. 21 aprile 1942, n. 444.

  

     
     
GLI ESTENSORI IL PRESIDENTE
Paolo Aquilanti, Carla Barbati Luigi Carbone
     
     
     
     

IL SEGRETARIO

Cinzia Giglio