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La Corte di Giustizia conferma l'indirizzo già espresso con la sua precedente sentenza del 26.9.2019, causa C-63/18 per cui contrasta con il diritto europeo la normativa italiana che limita al 30% la quota parte dell’appalto che l’offerente è autorizzato a subappaltare a terzi. Non solo, anche la previsione dell'art. 118 del vecchio codice degli appalti (ribadita dal comma 14 dell'art. 105 del nuovo Codice dei contratti) che limitava la possibilità di ribassare i prezzi applicabili alle prestazioni subappaltate di oltre il 20% rispetto ai prezzi risultanti dall’aggiudicazione con l'obiettivo di tutelare i lavoratori, risulta contraria allo scopo di ampliare la concorrenza nel mercato delle commesse pubbliche.
Le stazioni appaltanti dovranno tenere in debito conto l'arresto del Giudice europeo nella redazione degli atti di gara, poiché alla luce della sentenza tanto il comma 2 dell'art. 105, nella parte in cui stabilisce il limite quantitativo del 30% per il ricorso al subappalto, tanto il comma 14 in merito al ribasso sull'importo di aggiudicazione praticabile nei confronti dei subappaltatori, devono essere coerentemente disapplicati.
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La previsione di un limite quantitativo al subappalto dell'art. 105 del d.lgs. 50/2016, per cui "l'eventuale subappalto non può superare la quota del 30 per cento dell'importo complessivo del contratto di lavori, servizi o forniture", contrasta con il diritto europeo nella misura in cui impedisce l'apertura del bando di gara alla più ampia concorrenza, obbligando l'impresa offerente direttamente alla realizzazione di una parte rilevante della commessa, mentre l'istituto del subappalto può favorire l'accesso delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici.
Viene dunque disatteso l'indirizzo giurisprudenziale condiviso anche dal Consiglio di Stato che ammetteva la previsione di limiti di maggior rigore rispetto a quelli previsti dal diritto dell'Unione europea quando essi siano giustificati alla luce dei principi di sostenibilità sociale e dalla difesa dell'ordine e della sicurezza pubblica.
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L’art. 105 del d.lgs. 50/2016, nella misura in cui vieta in modo generale ed astratto il ricorso al subappalto che superi una soglia quantitativa determinata in percentuale sull’importo complessivo del contratto (30% secondo la normativa scrutinata), applicandosi in modo indipendente dal settore economico interessato dall’appalto di cui trattasi, della natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori e non lasciando alcuno spazio ad una valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore, contrasta con la direttiva 2014/24, il cui obiettivo è garantire nel settore degli appalti pubblici la libera circolazione delle merci e la libertà di stabilimento.
Corte di giustizia UE, V sez., Sent. 26 settembre 2019, (causa C-63/18)
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Per il Giudice campano non basta alla concorrente sprovvista dell'impegno alla stipula della cauzione definitiva la presentazione di una un documento formato successivamente alla scadenza del termine utile per la partecipazione alla gara, non potendo invocare il soccorso istruttorio. L'impegno al rilascio della garanzia definitiva in caso di aggiudicazione è, infatti, un requisito negoziale essenziale ai fini della partecipazione alla gara e non anche un elemento accessorio, a carattere meramente formale.
L’art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50/2016, è applicabile alle sole “carenze di qualsiasi elemento formale della domanda” e non anche al caso dell’assenza, ab origine, di un elemento essenziale dell’impegno negoziale, non integrabile ex post.
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L'opzione di proroga del contratto può essere legalmente esercitata alle condizioni di stretta interpretazione previste dal comma 11 dell'art. 106 del d.lgs. 50/2016. Ne segue l’illegittimità della disposta proroga non a oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della gara, ma a un’indizione tardiva soggettivamente addebitabile all’amministrazione.
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